Il breve articolo che segue non rende sicuramente giustizia alla secolare ricerca che è stata compiuta intorno al tema dello yoga, da parte di filosofi, storici delle religioni e appassionati. Si vuole solamente offrire qualche spunto, segnalando fin d'ora che il termine yoga indica nella sua declinazione storica un percorso da parte del praticante, caratterizzato, tra l'altro, da pratiche fisiche e pratiche meditative. E' questo lo yoga di cui andiamo a disquisire di seguito.
Lo yoga sembrerebbe un sistema nato nella valle dell'Indo circa 5.000 anni fa (3.500 anni prima di Cristo), come viene avvalorato da alcune evidenze archeologiche nelle quali si raffiguravano soggetti in posizioni indiscutibilmente yogiche (vedi figura di seguito). Per loro stessa natura le testimonianze archeologiche preistoriche, precedenti cioè l'introduzione della scrittura, sono soggette ad un certo livello di interpretazione. Se però ritroviamo bassorilievi raffiguranti divinità nelle esatte posizioni che nei millenni successivi si adotteranno per le pratiche yoga, possiamo supporre, a nostro giudizio lecitamente, che un sistema confrontabile ad esso, ovvero basato su posizioni particolari del corpo e connessione spirituale con un piano "altro", fosse già noto a tale cultura.
Le popolazioni ariane indoeuropee, che invasero poi questa regione verso il 1500 AC, assimilarono questo insieme di pratiche influenzandole a loro volta. Questa tesi non è ritenuta vera universalmente, ma è quella sposata ad esempio dallo storico delle religioni Mircea Eliade. L'aspetto più evidente di questo crocevia culturare è, come spesso accade per fatti tanto lontani, linguistico. Le popolazioni indoeuropee che invadono l'India portano con loro il sanscrito che si afferma come lingua sacra ufficiale. Un aspetto molto suggestivo di questa vicenda è la comune origine del sanscrito con le lingue di origine indoeuropea. Si suppone che una popolazione che abitava le steppe asiatiche 6-7000 anni fa parlasse una lingua, il cosiddetto proto-indoeuropeo che poi si differenziò lasciando le tracce nelle lingue di origine indoeuropea che noi conosciamo: Greco, Iraniano, Latino (e tutte le moderne lingue "Romanze": italiano, francese, spagnolo, portoghese, rumeno, etc.), le lingue Slave, le lingue Germaniche (incluso l'inglese), il Celtico, le lingue Indiane non dravidiche (compreso indi e sanskrito).
Tutti i testi antichi di yoga sono in sanscrito.
E' secondo chi scrive molto affascinante pensare che Indiani ed Europei abbiano una chiara radice culturale comune e reciproche evidenti influenze. Non sono purtroppo molti gli studi ed i saggi su questo argomento. E' un fatto provato che molti termini latini e sanscriti rimandino ad una chiara radice comune. Ad esempio il termine vira, che traduciamo dal sanscrito come eroe (si ricordi la posizione dell'eroe: virasana), ha la comune radice latina di vir, uomo. Allo stesso modo il dio del fuoco indiano, Agni, ha nel nome una radice uguale al latino igni, fuoco. La parola madre in sanscrito è mātā, in latino mater, in greco mèter, in inglese mother, in tedesco mutter. La somiglianza che per prima balzò agli occhi degli studiosi colonialisti inglesi, fu però quella dei numeri: dve, due; trini, tre; sat, sei; sapta, sette; nava, nove; desha, dieci; etc, etc.
Gli Ariani affidarono le loro credenze e la loro filosofia ai Veda, i più antichi testi religiosi esistenti, tenuti ancora oggi in grande considerazione. In essi, nel più antico Rig-veda composto all'incirca intorno al 1500 A.C., nell'Atharva Veda e negli altri, troviamo tracce dello yoga. Il significato ultimo del termine fa riferimento all' unione tra l'anima individuale ed il divino, attraverso una serie di pratiche rituali, tra le quali compariva il canto dell'OM, il canto dei mantra, la meditazione, il ritiro dei sensi, la concentrazione, il controllo del respiro, tutti temi che ritorneranno nei successivi testi di yoga. Troviamo anche una rappresentazione degli yogin simile ai rinunciatari che conosceremo successivamente: capelli lunghi, dediti al ritiro dei sensi e a rituali con il fuoco e l'acqua, abitanti delle foreste, intermediari verso le divinità e in particolare Rudra (l'antica rappresentazione di Shiva).
Il termine Upaniṣad deriva dalla radice verbale sanscrita: sad (sedere) e dai prefissi upa (sotto) e ni (vicino) ossia "sedersi vicino", ma più in basso (ad un guru, o maestro spirituale), suggerendo l'azione di ascolto di insegnamenti spirituali. Sono un insieme di testi religiosi e filosofici composti in lingua sanscrita a partire dal IX-VIII secolo a.C. fino al IV secolo a.C., almeno le quattordici Upaniṣad vediche maggiori, anche se progressivamente ne furono aggiunte di minori fino al XVI secolo raggiungendo un numero complessivo di circa trecento. Nelle Upanishad troviamo approfondite descrizioni della pratica dello yoga e di quella che oggi viene chiamata anatomia sottile, ovvero del sistema di circolazione dell'energia, o prana, nel corpo attraverso canali detti nadi e centri chiamati chakra.
Nella Darshana Upanishad troviamo ad esempio descritte una serie di posture fisiche, o asana, quasi tutte sedute.
Perchè parliamo di Upanishad? perchè la Bagavat Gita è classificabile come Upanishad. Mahabarata e Bagavad gita sono due opere fondamentali per lo yoga e per capire gli Yoga Sutra.Successivamente le tecniche dello yoga non rimasero estranee alle scuole indiane “eterodosse”, come il jainismo e il buddismo, ma non parleremo in questa sede dello yoga buddista e della scuola yogacara.
La Bhagavad Gita, composta intorno al I secolo D.C., è una parte del più ampio poema epico della Mahabharata, nel quale si mescolano le vicende e le gesta di eroi e divinità, in un modo peculiare, ma che a noi occidentali può ricordare vagamente l'iliade di Omero. Al contrario di questo testo però, contiene al suo interno ampie disquisizioni filosofiche, tra cui spicca la Gita in cui Krishna in qualità di cocchiere viene interrogato da Arjuna su vari aspetti morali e devozionali. Questo testo darà origine a varie scuole di yoga.
Karma Yoga
Il termine karma è generalmente tradotto con "azione", e nelle tradizioni dell'induismo è connesso alla dottrina del ciclo delle rinascite, il samsāra, tramite quella legge nota appunto come "legge del karma", in base alla quale ogni azione dell'individuo senziente può essere causa di conseguenze che vincolano il suo corpo trasmigrante a tornare in vita dopo la morte del corpo fisico. Krishna espone ad Arjuna la dottrina del Karma Yoga, che a un primo livello di comprensione è letta come la via dell'azione disinteressata, il distaccamento cioè dai frutti dell'azione stessa e l'adesione al proprio dovere sociale (svadharma) in quanto tale e non come strumento per raggiungere, o evitare, questo o quell'obiettivo, o ostacolo. Più in profondità il Karma Yoga pospone la via dell'ascetismo alla via dell'impegno sociale, reinterpretando quest'ultimo in un'ottica sacralizzata:
योगस्थ: कुरु कर्माणि सङ्गं त्यक्त्वा धनञ्जय | सिद्ध्यसिद्ध्यो: समो भूत्वा समत्वं योग उच्यते ||
Saldo in questa disciplina, fai ciò che è tuo dovere lasciando ogni attaccamento, oh Arjuna, rimanendo fermo sia nel successo che nell’insuccesso: questa equanimità si chiama yoga.
(Bhagavad Gita: 2, 48)
Bhakti Yoga
La bhakti è la devozione verso una divinità personale, il Signore (Bhagavān), o anche verso il proprio maestro spirituale, attualmente espressa in varie tradizioni religiose dell'induismo come adorazione, trasporto emotivo intenso e resa totale. La bhakti così intesa è propria dei cosiddetti "movimenti devozionali", affermatisi verso il VII secolo nell'India del Sud e poi estesisi altrove, ma già presenti nel periodo in cui la Gītā veniva composta. Nella Gītā compare per la prima volta la concezione che il Signore possa ricambiare l'affetto del devoto, essergli amico e anche di più. Il Bhakti Yoga è dunque la via della devozione, la via che scegliendo l'adorazione e l'abbandono nel Signore, conduce così alla liberazione.
Jñāna Yoga
Jñāna è la conoscenza metafisica, la conoscenza dell'Assoluto, del Brahman cioè: « Mediante questa [conoscenza] tu vedrai tutti gli esseri, tutti, senza eccezione, nel Sé, cioè in me. » (Bhagavadgītā, IV.35) Nel quarto canto della Gītā la via della conoscenza è intesa come una forma di sacrificio (IV.32), quella più alta fra le altre forme di sacrificio (IV.33), identificata con la conoscenza dei Veda (IV.34).
Dhyāna Yoga
Il sostantivo neutro dhyāna è usualmente reso con "meditazione", "attenzione", "riflessione", "contemplazione". Il sesto canto della Gītā si occupa, tra altro, dell'aspetto contemplativo dello Yoga, e più che fare riferimento al settimo stadio della suddivisione degli Yoga Sūtra, detto appunto "Dhyāna", in realtà verte sull'insieme delle ultime tre suddivisioni, il saṃyama ("dominio dello spirito"). I versetti dal 10 al 14 descrivono tecnicamente come il praticante deve operare, e troviamo qui abbozzati ma precisi elementi che faranno parte dello Yoga classico: osservanza della castità; una posizione stabile in cui meditare; concentrazione su un unico punto (ekāgra); animo pacificato; mente disciplinata. Questa pratica conduce all'unione fra l'essenza individuale e quella universale, donando una felicità che non è dei sensi:
Nei secoli lo yoga ebbe una grandissima diffusione ed influenza, ma, come sempre avviene, si differenziò in una serie molto intricata e caratteristica di scuole filosofico-religiose.
Il testo più influente per lo yoga moderno è sicuramente gli Yoga-sutra di Patanjali, universalmente considerato il “padre” dello yoga classico. L'autore si occupa di filosofia, etica e morale, ma anche di pratiche fisiche, non considerate però preponderanti sulle altre. Il periodo in cui Patanjali visse è incerto e si colloca tra il 400 e il 100 AC, ma certamente egli raccoglie e formalizza un corpus di insegnamenti con una grande tradizione precedente. Ciò appare evidente dalla maturità e dalla complessità dei contenuti. Per avere un orizzonte temporale, all'epoca in cui due pastori fondavano Roma, in India si disquisiva in forma scritta di sottilissime questioni filosofiche. Il testo è redatto sotto forma di sutra, brevi massime attraverso le quali, con pochissime parole, si esprime un concetto. L'antichità del testo, dopo il quale il sanscrito subì un certo numero di evoluzioni, nonchè la formula volutamente sintetica ed ermetica delle massime, rendono il testo di non immediata comprensione, ma proprio questa è la forza e la bellezza degli yoga sutra. Il loro significato è stato sempre calato nell'attualità dei tempi e molti filosofi ne hanno offerto una propria traduzione. Al tempo di Patanjali lo yoga attraversava un periodo di grande splendore, ed era importante che non subisse deviazioni, trasformazioni, interpretazioni indebite. Patanjali riuscì a condensare il patrimonio delle conoscenze accumulate fino a quel momento in 196 sutra. È attraverso l’opera di Patanjali che lo yoga diventa uno dei sei darshana (punti di vista), cioè uno dei sei sistemi filosofici dell’India antica. Il testo è suddiviso in quattro sezioni (pāda):
Samādhi Pāda (समाधिपादः),
viene introdotto e illustrato lo Yoga come mezzo per il raggiungimento del samādhi, lo stato di beatitudine nel quale, sperimentando una differente consapevolezza delle cose, si ricongiunge il proprio spirito con l'assoluto.
Sādhana Pāda (साधानपादः),
vengono descritti il Krya Yoga (lo "Yoga dell'agire", noto anche come Karma Yoga) e l'Ashtanga Yoga (lo "Yoga degli otto stadi", noto anche come Raja Yoga, lo "Yoga regale").
Vibhūti Pāda (विभूतिपादः),
si prosegue con la descrizione delle ultime fasi del percorso yogico, e vengono esposti i "poteri" (vibhūti) che è possibile conseguire con una pratica corretta dello yoga.
Kaivalya Pāda (कैवल्यपादः),
Kaivalya vuol dire letteralmente "separazione", e si allude qui alla separazione fra spirito (purusha) e materia (prakhti).
A tutti gli Yogin si consiglia la lettura di un commentario dei sutra di Patanjali, per essere affascinati dall'antichità e dalla profondità di quest'arte. Alcune massime sono entrate nella leggenda:
I,2 Yogas citta-vrtti-nirodhah: Lo yoga consiste nella soppressione delle oscillazioni della mente. Ma ogni termine può dare origine a mille sfaccettature e ragionamenti più profondi.
I,4 Vritti sarupyam itaratra: Nei casi in cui la mente non è nella condizione di realizzazione di sè, essa assume la forma delle sue oscillazioni. Fiumi di inchiostro offrono traduzioni ed imterpretazioni molto più brillanti di quella qui proposta.
II, 46 Sthira sukham asanam: Le posizioni dello Yoga devono essere stabili e confortevoli.
Ma i versi celebri sono tantissimi.
Patanjali avrà grande influenza su tutta la tradizione yoga successiva, non a caso è l'unico testo così antico giunto sino a noi. Questa particolare visione dello yoga viene chiamato Raja Yoga o Ashtanga Yoga, cioè yoga degli otto passi che non va confuso con il moderno stile, e caratterizzerà come derivazione uno yoga più influenzato da aspetti etici, sociali e religiosi, a cui si ispirerà, per citare qualcuno universalmente conosciuto, anche Gandhi. Qualcuno contrappone la visione di Patanjali con quella tantrica, molto più recente, di cui parleremo tra poco, ma questa contrapposizione ha poco senso essendo anche quest'ultima fortemente influenzata dagli Yoga Sutra.
Introno all'inizio del secondo millennio dopo cristo, nel 1400 circa, circa duemila anni dopo Patanjali, si andò formando una scuola di yoga che influenzerà moltissimo lo yoga moderno, cioè la scuola del Tantra originatasi in Kashmir, ma poi diffusasi in tutta l'India. Rispetto agli Yoga Sutra ed alla Gita, i testi tantrici hanno un approccio più "laico" e sfrondano gli otto passi proposti in precedenza, incentrandosi su: posture, esercizi di purificazione, respirazione, meditazione.
Dal punto di vista filosofico, semplificando molto, possiamo dire che Patanjali offre una visione del mondo e dello spirito assoluto che qualcuno definisce ancora dualistica, ovvero l'uomo fa parte dello spirito assoluto, ma ci sono ancora dei distinguo e comunque deve purificarsi per raggiungere la fusione con questo. In verità, se definiamo dualistica la visione cristiana, per la quale il dio Dio creatore e l'uomo sono due realtà divise e separate, quella di Patanjali dovremmo chiamarla una visione dualistica / non dualistica. Ma sono questioni complesse e forse più formali che sostanziali. Rispetto a quanto detto, la tradizione del Tantra è invece strettamente non-dualistica: uomo e spirito assoluto sono diversi aspetti della stessa sostanza, seppure siano tra loro scissi (altrimenti sarebbe chiamato monismo).
L'idea essenziale del Tantra è che ogni cosa nell'Universo, ogni esperienza, è espressione del divino e può essere utilizzata strumento di realizzazione e di ricongiungimento. Invece di cercare il divino nel trascendere la natura umana, i tantrika ricercano il divino andando più a fondo in essa. L'esistenza trae origine dalla vibrazione energetica che tutto pervade e non va divisa in puro ed impuro.
Il testo di riferimento dello yoga tantrico kashmiro è la Spanda Karika ovvero "Le stanze della vibrazione".
Alcuni stralci per offrirne un assaggio:
अशेष्ह-ताप-तप्तानां समाश्रय-मठो हठः | अशेष्ह-योग-युक्तानामाधार-कमठो हठः || १० ||
10. L'Hatha-Yoga è il rifugio in cui trovano asilo coloro che patiscono ogni forma di sofferenza ed è come la tartaruga di sostegno dell'universo, per quelli che sono impegnati in qualsiasi forma di Yoga.
अथ यम-नियमाः अहिंसा सत्यमस्तेयं बरह्मछर्यं कष्हमा धॄतिः | दयार्जवं मिताहारः शौछं छैव यमा दश || १७ ||
17.Le Âsana, cioè le posizioni, sono il primo gradino dell'Hatha-Yoga e sono trattate per prime. Hanno per risultato la stabilità, la salute e l'agilità.
तपः सन्तोष्ह आस्तिक्यं दानमीश्वर-पूजनम | सिद्धान्त-वाक्य-शरवणं हरीमती छ तपो हुतम | नियमा दश सम्प्रोक्ता योग-शास्त्र-विशारदैः || १८ ||
18. Descriverò adesso alcune Âsana adottate da saggi come Vâsishtha e Yogi come Matsyendra.
अथासने दॄधे योगी वशी हित-मिताशनः | गुरूपदिष्ह्ट-मार्गेण पराणायामान्समभ्यसेत || १ ||
2,1 Quando lo Yogi si è perfezionato nelle posizioni, deve praticare Prânâyâma secondo gli insegnamenti del proprio maestro, con i sensi sotto controllo e seguendo una dieta salutare e moderata.
तस्मात्सर्व-परयत्नेन परबोधयितुमीश्वरीम | बरह्म-दवार-मुखे सुप्तां मुद्राभ्यासं समाछरेत || ५ ||
3,5 Si devono praticare i Mudrâ con ogni sforzo per risvegliare la regina addormentata all'ingresso del Brahman.
अथेदानीं परवक्ष्ह्यामि समाधिक्रममुत्तमम | मॄत्युघ्नं छ सुखोपायं बरह्मानन्द-करं परम || २ ||
4,2 Ora vi parlerò del metodo migliore per arrivare al Samâdhi. Distrugge la morte, è un mezzo sicuro di felicità e conferisce la suprema beatitudine del Brahman.
L'Hata Yoga ha il merito di circoscrivere e sistematizzare la pratica, mettendo solide basi tecniche e teoriche. Questa tradizione getta le basi fondamentali dello yoga moderno, e influenza ancora oggi tutto lo yoga contemporaneo, e a sua volta trae evidentemente ispirazione dalla tradizione precedente. Come detto prima la contrapposizione ben nota in India tra Raja Yoga e Hata Yoga, è più una contrapposizione tra maestri e guru che non realmente motivata dalla storia.
Secondo l'opinione di chi scrive, non avremmo mai avuto lo yoga moderno, senza la nascita della scuola di Mysore, il cui capostipite fu T. Krisnamacharia. Egli ebbe due innegabili meriti: recuperò e salvò una tradizione che si stava logorando e gettò le basi per svincolare lo yoga dallo stretto collegamento religioso nel quale era sempre stato inserito.
Questa interpretazione è a mio giudizio particolarmente evidente se analizziamo l'opera di un'altro grande divulgatore di inizio secolo, Yogananda. In "biografia di uno yogi", opera meravigliosa a leggersi, Yogananda snocciola una interminabile sequenza di miracoli compiuti dai suoi maestri e da lui stesso grazie ai poteri acquisiti con lo yoga. Inoltre egli illustra una teoria di rinascite tra i grandi profeti della tradizione mondiale creando una vera e propria religione universale. Questo approccio sembra in ultima analisi in contrasto con il suo porsi come campione della scientificità dello yoga e di una visione laica delle opere, ma questo era il sostrato nel quale si era sempre sviluppato lo yoga in India e dal quale lo libererà Krisnamacharia.
Tirumalai Krishnamacharya (1888 – 1989) è stato un grande insegnante di yoga nonchè un importante studioso e medico ayurvedico. Spesso chiamato "il padre dello yoga moderno", fu responsabile del cosiddetto revival dell'hata yoga, nell'accezione che denota un sistema di tecniche corporee supplementari che si inseriscono nel più ampio concetto di yoga. Krishnamacharya era laureato in tutte e sei le darsanas vediche, ovvero i percorsi spirituali indiani. Nel suo libro più famoso, "Il nettare dello yoga", egli racconta che in gioventù, avendo capito l'inestimabile valore dello yoga e capendo che questo sistema di pratiche stava correndo il rischio di andare perduto, si recò syule montagne Hymalaiane e rimase sette anni a studiare con i santi uomini che vi risiedevano. Sotto il patronato del marajà di Mysore, Krishna Raja Wadiyar IV, Krishnamacharya viaggò attraverso l'India promuovendo letture e dimostrazioni di yoga, tra le quali destava molto clamore l'interruzione del battito cardiaco. Egli viene ampiamente considerato come l'inventore del vinyāsa, ovvero la particolare combinazione del respiro con i movimenti. Sotteso a tutti gli insegnamenti di Krishnamacharya era il principio secondo il quale "è necessario insegnare quello che è appropriato per ciascun individuo".
Egli approcciava ogni studente come se fosse assolutamente unico convinto che lo yoga dovesse essere insegnato in accordo con le sue caratteristiche di quel dato momento. Come conseguenza egli espose sempre che il precorso dello yoga potesse avere differenti significati e differenti contenuti per ogni differente persona e, inoltre, che i precetti andassreo insegnati in un modo che l'allievo potesse capire semplicemente. Egli credeva inoltre che lo yoga fosse il più grande regalo dell'India all'umanità. Il suo insegnamento dello yoga riflette la convinzione che questa pratica possa essere sia una pratica spirituale che una terapia fisica. Krishnmamacharya basò esplicitamente il suo insegnamento sugli Yoga Sutra di Patanjali, ma il suo approccio rimanda chiaramente all'Hata Yoga e al Tantra, che apprese sui monti Hymalayani. Sebbene egli fosse ampiamente devoto alla sua fede Induista Visnuista, discendendo da una famiglia di bramini ed essendo lui stesso un bramino, rispettò sempre le varie credenze religiose dei suoi studenti, anche qualora fossero atei. Famoso è un passaggio delle sue meditazioni guidate, durante il quale affermava: "Pensate a Dio, se non a Dio al Sole, se non al Sole ai vostri genitori".
Alcuni degli studenti di Krishnamacharya sono gli insegnanti di yoga più influenti del XX secolo: B.N.S. Iyengar(1927-) che insegna ancora a Mysore; B. K. S. Iyengar ( 1918-2014) studiò con Krishnamacharya a Mysore nel Jagan Mohan Palace dal 1943 al 1948; suo figlio T. K. V. Desikachar (1938-2016), Indra Devi (1899–2002), K. Pattabhi Jois (1915–2009). Ognuno di questi illustri guru portò la propria particolare visione e interpretazione.
Grazie a questi insegnati lo yoga è arrivato in occidente dove ha incontrato la tradizione medico scientifica con la quale in alcuni casi ha stabilito una proficua collaborazione. In altri casi ha invece subito inaspettate influenze, che solo il tempo saprà giudicare. Infine in un certo numero di casi ha subito una mercificazione e a volte una deriva verso il mero fitness, quello che Pattabi Jois chiamava "il circo dello yoga". Il messaggio originario è però fortunatamente disponibile a chi sappia cercare.